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Più aumentava la conoscenza di questi ambienti così fragili ed unici, più aumentava il numero di ricercatori ed esploratori "del buio", suscitando finalmente l'interesse della comunità per il mondo ipogeo, non tanto per le sue stupende concrezioni ma per il suo legame imprescindibile con il sistema di acque sotterranee: serbatoio tutt'altro che inesauribile di acqua dolce e di biodiversità.
L'area del Parco Appenino Lucano, con i suoi diversi affioramenti di calcari, ben rappresenta il fenomeno carsico nella sua complessità. Numerose sono le forme di erosione superficiali, come doline, karren, fori e vaschette d'erosione, come pure numerose sono le cavità ipogee, molto diverse fra loro.
Generalmente l'andamento delle grotte è sub-orizzontale, con pochi salti importanti, addentrandosi nella compagine rocciosa per cento/duecento metri al massimo.
La grotta che più si discosta dalle altre è senza dubbio la "Grotta di Castel di Lepre" nel comune di Marsico Nuovo. Si estende infatti per quasi due chilometri e presenta in prossimità dell'ingresso un pozzo verticale di quasi 15 metri. La grotta è inoltre caratterizzata da un laghetto terminale, preceduto da alcune pozze intervallate da piccoli salti d'acqua.
Molto meno estesa della precedente ma con in comune la verticalità dell'ingresso, è la "Grotta della Transumanza"** ai piedi del Monte Raparello, nel comune di San Chirico Raparo, essendo caratterizzata per l'appunto da un pozzo pseudoverticale iniziale. Seguono un piano di frana e una strettoia che danno accesso a una piccola sala concrezionata ed alcuni camini ascendenti.
Nello stesso comune si apre la "Grotta di Sant'Angelo al Monte Raparo", che si contraddistingue per le tracce delle frequentazioni antropiche legate al monachesimo Basiliano. La traccia più evidente è l'ampia scalinata che dall'ingresso conduce sino al fondo della grotta. La cavità è un immenso ambiente unico, una sala dalla volta molto alta e fiancheggiata da un ciclopico colonnato concrezionato frutto del lento ma inesorabile stillicidio delle acque di percolazione per migliaia e migliaia d'anni.
Nel comune di Tramutola, la Montagna dell'Aquila ospita al suo interno un'omonima grotta, percorribile senza troppe difficoltà superata qualche strettoia iniziale. Dopo la sala principale, concrezionata, la grotta mantiene la sua veste "attiva" con carattere meandriforme, con bellissime microforme carsiche chiamate "colpi di sgorbia" o "scallops".
Il progetto di ricognizione sulle Grotte del Parco ha interessato complessivamente una quindicina di cavità, ulteriori studi ed esplorazioni sono tutt'ora in corso.
Info Utili: Si fa presente che le grotte e cavità oggetto della ricognizione non sono fruibili al pubblico vista la difficoltà d'accesso e la pericolosità delle stesse, se ne sconsiglia pertanto l'accesso se non a gruppi speleologici adeguatamente attrezzati e preparati e che comunichino l'intenzione di visitarle all'Ente.